We Are Church Intl.

La situazione in Tunisia - maggio 2013

 

            Si sa, Tunisi è la più occidentale delle capitali arabe e tale, in effetti,  appare. Grandi boulevards alla francese, una periferia con tante costruzioni in cantiere e poi l’area archeologica di Cartagine  e tanto turismo lungo le spiagge della costa e verso sud. Con il cambio favorevole ci sono non pochi pensionati italiani che vi si sono trasferiti.

La medina ricorda le altre del Cairo, di Damasco ecc… senza avere la magnificenza e le dimensioni di quella di Istanbul.  Nel centro la grande moschea è visitabile al non mussulmano solo in orari molto definiti. Io, fuori orario, sono stato allontanato senza complimenti . Nel pienissimo centro la grande cattedrale cattolica di S, Vincenzo de’ Paoli dallo stile composito come gran parte delle chiese dei paesi ex-colonie è una  eredità evidente del colonialismo francese in un paese che ha ora ventimila cattolici. In questo paese sono partite le rivoluzioni arabe il 14 gennaio 1911, il dittatore Ben Alì è stato scacciato, le elezioni per l’assemblea costituente hanno visto la vittoria del partito islamista “moderato”  Ennahdha contro tutte le forze laiche e progressiste che sono state e sono  le protagoniste di una grande esplosione di realtà  sociali in perenne mobilitazione. La libertà di stampa e, penso, anche di TV è garantita. “La Presse”, il principale quotidiano, ha scritto tre editoriali consecutivi di apprezzamento per il forum I salafiti sono presenti e attivi e , dicono le sinistre, protetti o troppo tollerati dal partito di maggioranza. Intanto ci sono cellule che reclutano per la guerra santa combattenti per la Siria con metodi ben noti e tanti giovani tentano ancora la partenza per l’Italia sui barconi. Le mamme dei giovani di cui non si sa più niente (dall’Italia non mandano notizie ma non si ha informazione precisa sui naufragi) facevano parte della manifestazione inaugurale del dodicesimo forum sociale mondiale il 26 marzo e ne erano lo spezzone più emozionante, recando foto dei loro figlioli.

 

 

Una situazione economica pesantissima

            La situazione economica , dopo la rivoluzione è peggiorata quanto a inflazione e a disoccupazione; il governo affronta la situazione coi “consigli” della politica neoliberista del Fondo Monetario Internazionale. L’assemblea costituente non solo discute della nuova costituzione con discussioni vivacissime su formulazioni relative al ruolo della donna (si rischia l’arretramento rispetto alla legislazione “laica” postcoloniale) ma anche esprime la maggioranza che da vita al governo. Il Presidente della Repubblica è un laico Moncef Marzouki, già esponente della difesa dei diritti umani, ma considerato dall’opposizione senza potere e foglia di fico del governo islamista.  In una situazione già così  pesante e in transizione il 6 febbraio è stato assassinato Chokri Belaid , il leader del Fronte Popolare di opposizione. Le manifestazioni hanno incendiato il paese, l’assassinio non è stato rivendicato ma l’opposizione sostiene, neanche velatamente, che i mandanti sono da ricercare nel Ministero dell’Interno. E poi succedono ancora  cose quasi incredibili, davanti al Teatro municipale nella grande Avenue Bourghiba, anima di tutta la città, un giovane disoccupato e ambulante abusivo, Adel Khazri, si è dato fuoco il 12 marzo, morendo il giorno dopo. Pare che le immolazioni , dopo la prima del 17 dicembre 2010, che ha avviato la rivoluzione, siano state proprio tante, addirittura 167 secondo Radio Mosaique, una cifra angosciante se fosse confermata.

 

Il dodicesimo forum sociale mondiale

            Queste informazioni sono necessarie per capire in quale situazione si è svolto il dodicesimo forum sociale mondiale, il primo nei paesi arabi (preceduto in Africa da quelli di Nairobi e di Dakar). Esso è stato organizzato dal Forum del Maghreb, senza un vero apporto organizzativo da parte  dal coordinamento brasiliano di San Paolo (non per dissensi ma solo per l’attuale debolezza del centro, a quanto ho capito). Le cifre comunicate sono queste: 60.000 partecipanti di 127 nazionalità, 4500 le associazioni da ogni parte del mondo, 1612 atelier, 1800 giornalisti accreditati. Il titolo di questo forum era di una sola parola “Dignità” e  la parola d’ordine era quella  di sempre “Un altro mondo è possibile”che, mai  come  in questa occasione, appariva  concreta.

Il forum, con questa quantità di persone e di iniziative, si è concentrato nell’università di El Manar (alla periferia di Tunisi  ma abbastanza accessibile) e ciò ha facilitato il suo svolgimento. Mi ricordavo dell’università di Dakar di due anni fa che, tre giorni prima dell’inizio del forum, fu praticamente “impedita” dal Presidente della Repubblica mettendo in crisi tutto.

           

Il forum è stato un indubbio successo

            Queste premesse per permettermi di dire che, in questa situazione, il forum è stato più che un successo. Nessun incidente, un’organizzazione logistica accettabile, agibilità piena per chi veniva da fuori. C’era  la consapevolezza, anche da parte delle autorità islamiste, che esso costituiva una vetrina straordinaria sul mondo e che conveniva non ostacolarla e semmai non starci completamente fuori. E’ stato un successo perché le forze democratiche tunisine hanno constatato la solidarietà dei movimenti alternativi di tutto il mondo che non si sono lasciati intimorire da una situazione a rischio, perché il circuito dei social Forum ha dimostrato di reggere nel tempo e di capire la novità delle rivoluzioni arabe, perché la discussione sulle  problematiche della crisi e della globalizzazione è andata avanti, perché contatti, relazioni, convergenze e progetti comuni sono stati facilitati  dall’incontro diretto tra i tantissimi soggetti presenti. La situazione è ben diversa in Europa dove i social forum europei si sono del tutto arenati (l’ultimo è stato quello di Istanbul nel 2010) dopo essere stati all’avanguardia con quello, straordinario,  di Firenze del 2012.  

 

La struttura del Forum

            E’ difficile fare una descrizione esauriente di tutti i problemi emersi e discussi. I forum ora sono sostanzialmente autorganizzati. Il Comitato organizzatore fornisce una struttura di base che consiste nella Marcia d’apertura il primo giorno, in quella di chiusura l’ultimo (quest’anno finalizzata alla solidarietà con il popolo palestinese), in concerti al margine dei cinque giorni e poi un struttura logistica generale per permettere alle associazioni e ai movimenti di tutto il mondo che accettano la Carta di Porto Alegre (il documento fondativo dei forum) di organizzare seminari o  assemblee in cui proporre, discutere, fare progetti per il futuro. Stante lo straordinario numero di partecipanti gli organizzatori, già da qualche tempo, invitano in modo non vincolante le associazioni a proporre online le proprie tematiche e successivamente a prendere rapporti con chi ha proposto questioni analoghe. In questo modo via mail o skype, si stabiliscono contatti che possono portare  alla unificazione (“agglutination” o “merge”) dei seminari, ridurne il numero ed accrescerne l’importanza. Il metodo, che mi pare funzioni abbastanza, non toglie che gli incontri siano  ancora troppo  numerosi. Tutte le iniziative si vedono assegnare uno spazio, una data e un orario che sono poi pubblicati sul sito del forum e stampati in un fascicolo-libro che viene distribuito a tutti i partecipanti. Ogni associazione paga una quota di iscrizione, più alta per i paesi del Nord (150 euro)  meno per gli altri, idem per ogni partecipante individuale. Poi, ogni iniziativa deve essere pagata, si possono richiedere gli interpreti (a Tunisi erano però pochissimi, bisognava arrangiarsi). Nell’area dove si svolge il forum ci sono poi tante tende, banchetti dove le organizzazioni distribuiscono materiali, si presentano, discutono ecc…Anche queste sono occasioni di nuovi contatti e conoscenze dell’immensa quantità di problemi che ci sono nel mondo e di interventi che si fanno.

 

Di cosa si è parlato al Forum

            Per poter avere una conoscenza generale di come va il forum bisognerebbe avere una delegazione di quattro-cinque persone che si distribuiscano nei vari incontri per settori di intervento per poi fare collettivamente il punto sulla situazione. In tutti i  forum le questioni permanenti sono quelle dello strapotere della finanza e della crisi da essa provocata, delle multinazionali, dell’ambiente e della sua distruzione, dei problemi della cittadinanza , del welfare, della pace e della guerra su tutti gli scenari del mondo, della condizione della donna, dei diritti umani, delle forme della cooperazione internazionale. Quest’anno in Tunisia un ruolo preponderante l’hanno avuto le rivoluzioni arabe, il problema dei profughi, il problema della democrazia e della laicità nel rapporto con la religione, la condizione della donna, insomma le questioni emergenti nel Maghreb e in più la tematica relativamente nuova dei beni comuni. Fortissima la presenza del problema palestinese al quale è stata “dedicata” la grande manifestazione di chiusura il pomeriggio del 30. La gran parte dei partecipanti era, ovviamente, del Nordafrica ma rappresentanze c’erano da ogni dove; numerosa e attiva la delegazione italiana , parecchi i francesi, poi i brasiliani e tanti altri in piccole rappresentanze. Il movimento dei forum nel mondo (ce ne sono tanti e in continuazione per aree geografiche) ha di fronte da tempo la questione  di  una possibile  maggiore efficacia sul piano generale dei tanti movimenti per il cambiamento che nei forum si incontrano. Si tratta di superare-molti propongono- la proposta originaria che era quella di un semplice spazio aperto di confronto per diventare strumento essenziale di azione, di trasformazione della realtà. Cosa ambiziosa ma molto  difficile da realizzare. In questa direzione i forum comunque hanno iniziato un percorso. Nell’ultima giornata di Tunisi (come nei più recenti forum) le realtà associative che si muovono su terreni analoghi sono state invitate a organizzare “assemblee di convergenza” in cui programmare, mediante networks,  momenti comuni di azione a livello sovranazionale o continentale. Anche in questo campo sarà necessario del tempo per ricostruire con esattezza quanto è stato fatto a Tunisi e quanto  è già in programma. Di certo c’è già   ad Atene un Altersummit  il 7/8 giugno.

 

La presenza cristiana

            Quest’anno non c’è stato come in passato il forum della teologia della liberazione prima del forum mondiale. Ciò perché c’era stata a S.Leopoldo in Brasile nello scorso ottobre una grande assemblea dei teologi della liberazione. Era difficile ripetere un incontro simile. Il Forum era tuttavia presente con due seminari e col proprio coordinatore il brasiliano Carlo Susin.  Questi due incontri però non sono stati niente di significativo, salvo l’intervento di Juan José Tamayo, il teologo di Madrid, che ha rilanciato la teologia cristiano-islamica della liberazione. Erano presenti il francese Sécours Catholique, la Caritas e soprattutto una trentina di Comboniani, frati e suore, che si sono trovati anche prima e dopo il forum per un loro incontro di formazione e di dibattito. Con Alex Zanotelli c’era Elisa Kidané direttrice di Combonifem, Fernando Zolli, Dario Bossi, Daniele Moschetti   ed altri missionari, soprattutto dall’Africa,  tutti diversi dai vecchi cliché del vecchio “missionario” delle nostre parrocchie, tutti sulle barricate per un altro mondo possibile. Hanno organizzato dei seminari “altermondialisti”.

 

Il seminario di “Noi Siamo Chiesa”

            Io rappresentavo il movimento internazionale We Are Church. Insieme all’European Network Church on The Move (il movimento cugino che in Europa segue soprattutto le questioni sociali, della laicità  e dei diritti umani) abbiamo organizzato una conferenza su “”Libertà e stato di diritto:le sfide di una società democratica con differenti cosmovisioni”. Diceva la presentazione  :” come costruire una società democratica che permetta a tutti i suoi membri di vivere pacificamente rispettando le libertà, soprattutto quella di coscienza, e i loro diritti, quali che siano le loro convinzioni religiose, atee o agnostiche”. Siamo riusciti a organizzarlo con il francese Manifeste des Libertés, con Cristianisme y Iusticia (gesuiti di Barcellona incontrati  via internet) e con il Cercle Gaston Crémieux (ebrei non israeliani). E’ stato un dibattito vivace, utile per conoscersi e continuare in questo percorso del dialogo interculturale di cui i cristiani devono essere protagonisti.

Ma voglio infine  dare notizia della Cattedrale. Vi si sono svolte da giovedì a sabato tutte le tradizionali cerimonie della settimana santa. La chiesa era piena, i trenta comboniani partecipavano a tutti i riti, i presenti erano in gran parte neri, alcuni del social forum e altri europei presenti a Tunisi. Splendido il coro, emozionante il battesimo durante la messa del sabato santo di una ventina di uomini, ragazze e fanciulli, tutti  neri. E’ stata una scoperta di Chiesa, lontani da Roma in un paese in cui sei in minoranza e afferri significati  e simboli che qui sono parte della quotidianità e dicono poco.

 

                                                                        Vittorio Bellavite