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Obituary in Adista

Vittorio, Hugo and companions talking over lunch 2007

[Italian]

It was an intense life, that of Vittorio Bellavite. A life as a protagonist of the ecclesial and political history of the last 60 years, but free from any form of personal protagonism, often in roles of direction and leadership, but always assumed out of a spirit of service and sense of responsibility, without even a hint of that narcissism rather frequent even in small organizations. Already at the beginning of the 60s, thanks to the reference to Don Primo Mazzolari of "Adesso". he had become president of the students of the Catholic University, contesting the closure of the ecclesiastical authorities of the university, which earned him the nickname "Saint Just" (Robespierre's right-hand man), a disappointing meeting in the Vatican with the then Card. Montini, archbishop of Milan, and a sanction by the Academic Senate ended in nothing. Then in 1965 he moved to Rome to the National Studies Office of the ACLI, which began to discuss the overcoming of collateralism with the Christian Democrats and a new positive relationship with the parties of the left. Bellavite actively participated in this debate, as well as in the nascent spontaneous grassroots groups of Christians, including, in particular, Ora Sesta, founded by Don Luisito Bianchi, who later became a worker priest.

Returning to Milan in 1967 to marry Pinuccia, in 1971 he was one of the promoters, with the former aclista president Livio Labor, of the Workers' Political Movement (MPL), a new secular party, but destined in the intentions to break the political unity of Catholics and place himself explicitly on the left. The failure in the elections of 1972 decreed the end of the MPL, whose majority current, led by Labor, chose to enter the Italian Socialist Party, while Bellavite and the minority joined the left current of the Italian Socialist Party of Proletarian Unity, also dissolved after being left without parliamentary representation, to form the Party of Proletarian Unity. , which he himself coordinated in Milan as he had already done with the MPL. Since then and until the confluence in 1991 of Democrazia proletaria in the Communist Refoundation Party (which he did not join), Bellavite participated, almost always as a leader, in the tormented parable of the "new left", in which, together with figures such as Domenico Jervolino, he represented an area of Christians who, without denying their faith, indeed starting from it and also manifesting it publicly, He participated like others and in a secular way in parties of Marxist inspiration, while supporting an extremely critical vision of communism and contesting a totalizing vision of politics.

In the meantime Bellavite became a professor of Law and Economics in high schools, an activity always carried out in innovative research, and in 1973 he was among the promoters of the movement of Christians for Socialism (CPS), which was the most directly political expression of the variegated and widespread "Catholic dissent", reflecting in particular on the possibility of being both Christian and Marxist, to live an ecumenism based on a shared commitment to a more just society, to work for a freer Church in a fully secular State, for example by rejecting the concordat regime, etc. The movement lasted until the end of the 70s, participating, among other things, in the campaign of Catholics for the No to the 1974 referendum to repeal the divorce law.

In the 90s, left without a party, after a period spent directing the Center for Political and Cultural Initiative (CIPEC), Bellavite joined Noi siamo Chiesa, a movement for the reform of ecclesiastical structures born in Austria in 1995 and became international the following year, and in 2004 he formally assumed the role of national coordinator. In addition to ensuring the realization of a surprising amount of activities in Italy, thanks to its extraordinary ability to combine a robust intellectual elaboration and a great organizational capacity, which, with an obscure and patient work of weaving relationships, has led to the creation of networks such as Chiesadituttichiesadeipoveri , Bellavite has contributed much to the international movement, always urging it not to close itself off in intra-ecclesial claims and in the European framework, and promoting its involvement in World Social Forums and the development of links with liberation theology. His long and broad gaze, combined with the extraneousness to any anxiety of "self-promotion", have gained the small Italian group authority in the eyes of the much more substantial Central European sections and he has been repeatedly urged to become their international coordinator, an invitation always refused for the conviction of having to give priority to the promotion of the Italian group, a commitment materialized for the last time in March in the drafting of a long budget document of the ten-year pontificate of Francis.

 

È stata una vita intensa, quella di Vittorio Bellavite. Una vita da protagonista della storia ecclesiale e politica degli ultimi 60 anni, ma esente da ogni forma di protagonismo personale, spesso in ruoli di direzione e leadership, ma sempre assunti per spirito di servizio e senso di responsabilità, senza neppure un accenno di quel narcisismo piuttosto frequente anche in piccole organizzazioni. Già all’inizio degli anni ’60, forte del riferimento al don Primo Mazzolari di “Adesso”. era divenuto presidente degli studenti dell’Università cattolica, contestando la chiusura delle autorità ecclesiastiche dell’ateneo, il che gli valse il soprannome di “Saint Just” (il braccio destro di Robespierre), un deludente incontro in Vaticano con l’allora card. Montini, arcivescovo di Milano, e una sanzione da parte del Senato accademico finita nel nulla. Poi nel 1965 si trasferì a Roma all’Ufficio Studi nazionale delle Acli, che cominciavano a discutere del superamento del collateralismo con la Democrazia cristiana e di un nuovo rapporto positivo coi partiti della sinistra. A questo dibattito Bellavite partecipava attivamente, come pure ai nascenti gruppi spontanei di base di cristiani, tra cui, in particolare, Ora Sesta, fondato da don Luisito Bianchi, poi divenuto prete operaio.

Rientrato a Milano nel 1967 per sposarsi con Pinuccia, nel 1971 fu uno dei promotori, con l’ex presidente aclista Livio Labor, del Movimento politico dei lavoratori (Mpl), un nuovo partito laico, ma destinato nelle intenzioni a rompere l’unità politica dei cattolici e collocarsi esplicitamente a sinistra. L’insuccesso alle elezioni del 1972 decretò la fine dell’Mpl, la cui corrente maggioritaria, guidata da Labor, scelse di entrare nel Partito socialista italiano, mentre Bellavite e la minoranza si unì alla corrente di sinistra del Partito socialista italiano di unità proletaria, anch’esso scioltosi dopo essere rimasto senza rappresentanza parlamentare, per formare il Partito di unità proletaria, che lui stesso coordinava a Milano come aveva già fatto con l’Mpl. Da allora e fino alla confluenza nel 1991 di Democrazia proletaria nel Partito della Rifondazione comunista (cui non aderì), Bellavite partecipò, quasi sempre da dirigente, alla tormentata parabola della “nuova sinistra”, nella quale, insieme a figure come Domenico Jervolino, rappresentò un’area di cristiani che, senza negare la propria fede, anzi a partire da essa e manifestandola anche pubblicamente, partecipava al pari degli altri e in modo laico a partiti di ispirazione marxista, sostenendo comunque una visione estremamente critica verso il comunismo realizzato e contestando una visione totalizzante della politica.

Nel frattempo Bellavite divenne professore di Diritto ed economia nella scuole superiori, attività sempre svolta in una ricerca innovativa, e nel 1973 fu tra i promotori del movimento dei Cristiani per il socialismo (Cps), che fu l’espressione più direttamente politica del variegato e diffuso “dissenso cattolico”, riflettendo in particolare sulla possibilità di essere al contempo cristiani e marxisti, di vivere un ecumenismo fondato sull’impegno condiviso per una società più giusta, di operare per una Chiesa più libera in uno Stato pienamente laico, per esempio rifiutando il regime concordatario, ecc. Il movimento durò fino alla fine degli anni ’70, partecipando, tra l’altro, alla campagna dei Cattolici per il No al referendum del 1974 per abrogare la legge sul divorzio.

Negli anni ’90, rimasto senza partito, dopo un periodo speso a dirigere il Centro di iniziativa politica e culturale (Cipec), Bellavite aderì a Noi siamo Chiesa, un movimento per la riforma delle strutture ecclesiastiche nato in Austria nel 1995 e divenuto internazionale l’anno dopo, e nel 2004 assunse formalmente il ruolo di coordinatore nazionale. Oltre a garantire la realizzazione di una sorprendenti mole di attività in Italia, grazie alla propria straordinaria abilità di coniugare una robusta elaborazione intellettuale e una grande capacità organizzativa, che, con un oscuro e paziente lavoro di tessitura di relazioni, ha condotto alla creazione di reti come Chiesadituttichiesadeipoveri, Bellavite ha contributo molto al movimento internazionale, sollecitandolo sempre a non chiudersi nelle rivendicazioni intraecclesiali e nella cornice europea, e promuovendone il coinvolgimento nei Forum sociali mondiali e lo sviluppo dei legami con la Teologia della liberazione. Il suo sguardo lungo e ampio, unito all’estraneità a qualunque ansia di “autopromozione”, hanno guadagnato al piccolo gruppo italiano autorevolezza agli occhi delle ben più consistenti sezioni mitteleuropee e più volte egli è stato sollecitato a divenirne coordinatore internazionale, un invito sempre rifiutato per la convinzione di dover dare priorità alla promozione del gruppo italiano, un impegno concretatosi per l’ultima volta in marzo nella stesura di un lungo documento di bilancio del decennale pontificato di Francesco.